BIMESTRALE DI CULTURA E VITA SOCIALE

EDITORE: Associazione ALTRO FUTURO - Cadorago CO - altrofuturo@gmail.com

lunedì 7 dicembre 2009

Ma siamo proprio sicuri ?


Securitas, “L’avere cura di sé stessi”, è un termine che può ovviamente estendersi dall’originale significato, strettamente individuale, fino a comprendere tutto quello con cui l’individuo si voglia identificare, la famiglia, la patria o qualunque altro elemento aggregante, tanto reale quanto ideale. In ogni caso, qualcuno, o qualcosa, la cui cura ci stia a cuore. Non sorprende quindi che i più affermino la sicurezza come una esigenza prioritaria.
Tanto diffusa ne è l’esigenza, quanto confusa, purtroppo, la definizione che se ne tende a percepire, prima ancora che ad esternare.

Credo che sarebbe indice di un livello di civiltà concretamente più evoluto affermare la sicurezza con una valenza differente, ovvero come una cultura della prevenzione contro le paure di ogni genere. Questo implica un approccio ai problemi della sicurezza volto a discriminare nettamente tra cause soggettive e cause oggettive della paura.
In termini pratici, è oggettivo, ad esempio, che il terrorismo sia una minaccia, mentre è soggettivo percepire come un terrorista chiunque abbia la pelle scura. La storia – anche recente – del nostro paese ci racconta che la strage di Bologna, come l’assassinio di Moro, sono azioni messe in atto da nostri connazionali. Sospettare di terrorismo ed isolare o espellere chiunque abbia la pelle scura è quindi un sicuro rimedio – o una scorciatoia emotiva - contro la paura soggettiva, che molti cittadini provano nei confronti di chi è straniero, non è però un rimedio contro il terrorismo, la prevenzione del quale richiede la paziente costruzione di reti di informazione, la sorveglianza capillare del territorio, un addestramento serio e intensivo delle forze operative e di intelligence destinate a questa specifica lotta, l’isolamento politico e diplomatico di poteri e nazioni che lo appoggiano.
“Due uomini avanzavano nella notte lungo un sentiero che attraversava una foresta oscura su una montagna sperduta. Uno dei due era cieco: lo guidava il compagno. Nel buio fitto della vegetazione, d’improvviso, un demone si levò innanzi a loro. Il cieco non provò spavento alcuno, mentre il compagno ne ebbe un gran terrore. E fu allora il cieco a guidare l’amico”. (da “La Tazza e il Bastone – Storie Zen - SE).
Una gestione acritica della propria paura, al pari di quella di ogni altro istinto basico come la fame o l’ira, porta inevitabilmente a scelte superficiali e affrettate. Non si bruciano così solamente vite, destini, opportunità, si brucia soprattutto la possibilità di crescere attraverso il confronto con la diversità.
Diffusissimo è oggi il principio per il quale la sicurezza viene identificata con ciò che offre un rimedio alla paura (dalle porte blindate alle pattuglie anticrimine, dagli slogan urlati all’ombra di una bandiera al linciaggio mediatico finalizzato ad una sbrigativa classificazione di chi è buono e chi no).

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