BIMESTRALE DI CULTURA E VITA SOCIALE

EDITORE: Associazione ALTRO FUTURO - Cadorago CO - altrofuturo@gmail.com

lunedì 31 maggio 2010

Ciao Peppino

Peppino Larghi ci ha lasciato. Qualcuno di noi l’ha conosciuto tanto tempo fa, qualcuno più di recente, ognuno ha avuto modo di apprezzarne l’umanità, l’intelligenza, l’impegno umano e sociale, malgrado l’età e qualche acciacco…
Ci rimarrà la gioia di averlo potuto conoscere e di poterne seguire l’esempio.


Affidiamo allo scritto di Silvana Verga il ricordo del nostro "primo" socio Peppino.

Associazione Altro Futuro

Ho conosciuto Peppino, circa un anno fa, pressappoco in questo periodo; sapevo fosse stato sindaco del mio paese, ma il disinteresse sostanziale delle cose della politica militante locale fino a pochi anni fa, mi avevano privato della frequentazione sua e di molte altre persone che ho avuto modo di conoscere tutte insieme. La prima impressione che ho avuto è stata quella di una persona di acuta intelligenza politica, dalla fine conoscenza del diritto e delle norme che regolano la vita amministrativa della nostra realtà locale. Una persona, insomma, di fronte alla quale il primo istinto è stato quella di un’ammirazione intellettuale, quasi una sorta di irraggiungibile esempio per me, che stavo intraprendendo la via dell’impegno politico da così poco tempo e in tempi così diversi.

C’è voluto veramente poco per scoprire la vera essenza di un uomo la cui esperienza politica seguiva la vera natura dei suoi obiettivi, non li precedeva. Via via si svelava, dietro la veste formale della fine dialettica politica, un uomo mite nella sua fortissima personalità, capace di prese di posizione caparbie ma di altrettanti sinceri arretramenti nel momento in cui scorgeva la forza della ragione altrui. Cedere le armi proprie, senza minimamente compromettere il proprio indiscusso prestigio: privilegio esclusivo solo dei grandi uomini. Di lui voglio ricordare la passione politica pura, senza compromessi o mediazioni dovute al fatto di essere stato, per una parte importante della sua vita, dalla parte dei vincitori; la sua capacità d’indignarsi ancora, condividendo la mia identica amarezza nei momenti in cui gli confidavo la fatica di attraversare i nostri tempi. Come un saggio, che non si rassegni mai al cinismo e al facile fatalismo.
Voglio anche ricordarmi sottovoce, senza la retorica a lui così estranea, della sua generosità così semplice e fuori misura, che faceva aprire la sua casa al mondo senza mai cadere nella carità compassionevole, quella che soddisfa soprattutto il bisogno di chi la fa a prescindere da quello di chi la riceve. Con il naturale senso di appartenenza universale al genere umano. Mi rimarrà l’ultima telefonata, con le nostre reciproche delicate battute sulla sua condizione di salute ormai compromessa, sempre attento a non provocare disagio o imbarazzi , sempre leggero e intenso come un bambino antico.
Ciao Peppino e, come scrisse uno degli amici che hanno condiviso con noi questa stagione di impegno civile, saremmo tutti più poveri dentro, se non ti avessimo conosciuto.


Silvana Verga

venerdì 5 marzo 2010

LETTERA DI UN CITTADINO

Questione di termine...si chiama tangenziale o circonvallazione?

Dal vocabolario Sabatini Colleti
Tangenziale: Di strada che corre attorno a un grande centro urbano e fa spesso da raccordo tra diverse autostrade
Circonvallazione: Strada di scorrimento veloce che si snoda lungo il perimetro di una città, o lungo una sua parte
Zanichelli
Circonvallazione è il nome che comunemente si dà ad un sistema viario che organizza la circolazione dei veicoli attorno al nucleo abitativo di una città. Cioè, se ho capito bene si chiama “tangenziale” una strada che veicola il traffico da una municipalità ad altre senza interferire con la viabilità del municipio a cui è tangente mentre dicesi “circonvallazione” colei che porta il traffico ad esempio da sud a nord di un centro abitato che così viene baipassato. Dunque a Cadorago si farà una tangenziale che prenderà il traffico dal comune di Lomazzo e dalla bassa Comasca x portarlo a Fino Mornasco o una circonvallazione che porterà il traffico in stazione?
Giuseppe Cairoli

Risponde Silvana Verga, Capogruppo della lista Insieme Tre Stelle

Gentile lettore,

la questione che lei pone entra senza indugi nel merito delle finalità che tale progetto persegue..Allora, vediamo di partire dall’inizio (della tangenziale) e di arrivare alla fine (della circonvallazione): ci troviamo a Lomazzo, in prossimità della rotonda la quale a sinistra ci immette nell’autostrada mentre a destra dovrebbe, secondo il tracciato previsto, inoltrarci nell’attuale filtro boschivo e agricolo e farci serpeggiare pressoché in parallelo alla suddetta A9. Il corteggiamento finisce in prossimità della cartiera di Cadorago, dove la strada circonvalla il paese per congiungersi alla rotonda della stazione.
Ci si domandò, a suo tempo, per quale motivo fosse necessario sacrificare un così prezioso territorio (e una marea di soldi) quando la soluzione di una uscita autostradale opportunamente pensata (o il convenzionamento del pedaggio autostradale con il Comune di Cadorago) avrebbe forse rappresentato il classico uovo di Colombo….
Tanto più che molto del traffico che strangola il centro di Cadorago, è causato dai veicoli provenienti dall’uscita dall’autostrada a Lomazzo che proseguono poi verso la statale dei Giovi. Si rispose in sostanza che la strada andava fatta perché la Società Autostrade aveva decisamente bocciato tali ipotesi. Oggi, stante l’ampliamento previsto della terza corsia dell’A9, sarebbe forse meglio per una questione di risparmio di costi e di territorio, realizzare anche la quarta e la quinta corsia a ridosso, sull’esempio di tante strade italiane che costeggiano la via più importante semplificandone il traffico in uscita.
Finendo così per chiamarsi tangenziale perchè tange l’autostrada.
Silvana Verga

domenica 13 dicembre 2009

Bruno Gambarotta - Saluto di benvenuto ai colleghi de “La Gallina domani”

Potevo lasciarmi scappare la gradita occasione di mandare un saluto di benvenuto ai colleghi che hanno deciso di dare vita a un nuovo periodico, “La gallina domani”? Proprio io, che ho appena pubblicato da Garzanti un romanzo intitolato “Polli per sempre”? Benvenuti dunque nel pollaio Italia.

Mi rifiuto però di confezionare un saluto formale; sarebbe una perdita di tempo da entrambe le parti; perciò approfitto dell'occasione per dire cosa mi piace e cosa non mi piace nel giornalismo. Prima voglio congratularmi per la scelta coraggiosa di andare controcorrente nella scelta della carta stampata, in una stagione dove tutta l'informazione sembra convergere sullo schermo del computer.
Sembra che il giornalismo on line, sotto forma di blog o altro, per il fatto di essere immateriale e volatile esenti chi lo pratica dall'obbligo di essere preciso, documentato, di scrivere in un italiano corretto, chiaro e comprensibile.
Tutt'altro discorso per la carta stampata, dove gli strafalcioni o la semplice sciatteria restano, nero su bianco, sotto gli occhi di tutti. Nelle redazioni situate negli open space, sui tramezzi che dividono un settore dall'altro, sono appiccicati ritagli con errori madornali e stanno lì per anni, a vergogna eterna di chi li ha commessi.
Bene, passiamo alle mie idiosincrasie di lettore: i calchi da titoli famosi, “la casta, la malasanità, la cronaca di qualcosa annunciato, i composti che terminano in poli (come tangentopoli)”. Ci sono poi espressioni che mi provocano l'orticaria, come “quant'altro”, o l'aggettivo “imperdibile” attribuito ad un film, uno spettacolo, un evento. (Se mi dici che è imperdibile io di proposito non vado a vederlo). Vengono poi i superlativi e le iperboli, “strepitoso, incredibile, fantastico, unico”. Gli avverbi mi fanno orrore; soprattutto ad inizio di frase. Gianpaolo Pansa, nelle sue memorie di giornalista, racconta che entrò nelle grazie del mitico Giulio De Benedetti quando questi lo vide mentre “passava” l'articolo di un corrispondente, dopo aver cancellato l'inizio dove si rincorrevano due avverbi (“Pressoché quotidianamente”) con un più tollerabile “Quasi ogni giorno”.
Un altro detestabile vezzo, ricorrente nelle pagine culturali, consiste nel dare un'informazione conosciuta da quattro persone in tutto il mondo, usando l'intercalare “come tutti sanno”, così il lettore, che non lo sapeva, si sente un verme. E poi: lo sfoggio di una lingua lussuosa e specialistica. Esempio: “L'universo è anisotropo per meno di 10 alla meno 4”, significa: “Nell'universo la materia non è uniformemente distribuita per meno di una parte su diecimila”. Con la seconda frase c'è la speranza che qualcuno comprenda e prosegua nella lettura.
Infine, vi dico cose che sapete meglio di me: non possiamo contare sul fatto che i nostri articoli vengano letti dal principio alla fine, perciò cerchiamo di dire tutto nelle prime righe e poi sviluppiamo il tema a favore di chi vorrà leggerci fino in fondo. Gli incipit sono fondamentali, devono essere dei pugni nello stomaco tali da inchiodare il lettore, incuriosendolo. I grandi scrittori ne hanno inventati di bellissimi, esistono anche delle raccolte. Per dire, quelli di Gabriel Garcia Marquez che molti hanno scopiazzato, come il seguente: “Il giorno che l'avrebbero ucciso, Santiago Nasar si alzò alle 5 e 30 del mattino”. In ogni caso la brevità e la concisione non saranno mai elogiate a sufficienza. Non ricordo più chi, ma di sicuro era un grande colui che scrisse in una lettera ad un amico: “ti scrivo una lunga lettera perché ho fretta e non ho a disposizione il tempo che occorrerebbe per fartela breve”.


In bocca al lupo dal vostro Bruno Gambarotta.

sabato 12 dicembre 2009

Un “Altro Futuro” possibile

Spiegare il perché della nascita di ALTRO FUTURO, significa ripercorrere le vicende di un gruppo di persone che hanno dato vita - in 40 giorni - a una proposta alternativa di lista civica, sfidando diffidenza, scetticismo, e negandosi opportunità politico-elettorali in nome di un unico, grande e forte obiettivo comune: tentare un diverso modo di fare politica ma, prima ancora, di fare società civile.
Il consenso raccolto ci ha premiato, ma ciò che è emerso in maniera chiara e dirompente è stata la rivelazione che ogni cittadino, se decide di partecipare, ha in sé un enorme potenziale, che una volta messo in gioco non può essere fermato e produce a sua volta interesse, curiosità e partecipazione.

martedì 8 dicembre 2009

Perché “La Gallina Domani”



In primis, è un nome inconsueto, fuori dagli schemi, che suscita curiosità e che richiama l’attenzione dei lettori e in modo un po’ ironico, ma molto intuitivo, le motivazioni che ci hanno spinto in questa avventura.
Viviamo in un mondo che ha eletto “l’uovo oggi” ad esclusivo, monolitico ed incontestabile motore di ogni attività umana. In effetti, molti, forse troppi, hanno rinunciato a sognare e quindi non sperano.

Vincenzo Verga, una passione per la pittura e l’arte e la fortuna di attraversare due secoli di grandi cambiamenti

Viviamo in un’epoca in cui il giovanilismo imperante rende difficile fare tesoro delle conoscenze e delle esperienze dei “vecchi saggi”, che rappresentavano fino a qualche decennio fa un patrimonio estremamente importante della storia soggettiva e collettiva.


Come tanti suoi coetanei, anche Vincenzo Verga, segretario di Murarte (la pinacoteca a cielo aperto di Cadorago), amministratore pubblico negli anni ‘70, si è progressivamente ritirato dalla scena, ma ha mantenuto un rapporto con la società e con il territorio vivo e curioso, al punto da arrivare a costituire, proprio qui, una piccola scuola di pittura gestita da alcuni artisti di fama internazionale, come Vanni Saltarelli, che coinvolge oggi quasi 50 partecipanti. E proprio con Vincenzo Verga - al quale vanno i nostri migliori auguri di buon compleanno, appena passato - abbiamo voluto realizzare la prima delle interviste che “La Gallina Domani” pubblicherà in ogni numero, andando a trovare quelle figure che a vario titolo – e con modalità anche molto diverse - hanno segnato la storia della nostra comunità.

lunedì 7 dicembre 2009

Si fa presto a dire “Democrazia”…

Se anche voi lettori, di fronte alla scelta tra un semi-presidenzialismo alla francese e un proporzionale all’italiana, andate oltre alla domanda “si, ma io la croce dove la devo mettere?” e vi chiedete se potrete mai sentirvi rappresentati da un sistema elettorale che non riuscite a capire fino in fondo, siete arrivati al punto in cui vi potrebbe interessare la proposta della democrazia diretta.
Ispirata al modello classico di democrazia greco (δημόυ-χράτοσ – governo del popolo), è tutt’altro che un modello di governo sepolto e dimenticato con le civiltà del passato. La Svizzera si governa con questo sistema fin dal XIII secolo, ma la Baviera, il Land più esteso e ricco della Federazione Tedesca, ha scelto la democrazia diretta nel 1995. E non parliamo di casi esemplari o isolati. Citiamo la California (de facto, l’ottava potenza industriale della terra), e altri ventidue degli Stati Uniti d’America, sebbene a livelli diversi, lo stato del British Columbia in Canada, la città di Perth in Australia. Oltre 500 città tra le maggiori nel mondo hanno introdotto ormai da anni il bilancio partecipativo, che coinvolge e responsabilizza direttamente i cittadini nella gestione della “cosa pubblica”. In Italia le esperienze sono sempre meno isolate e sempre più efficaci. Bolzano, Rovereto e Treviso, la Val Pusteria e la Regione Toscana alcuni tra gli esempi ormai più eclatanti.

Quanti siamo e Come siamo: la popolazione di Cadorago al 1° gennaio 2009


Forse non tutti sanno com’è composta la nostra comunità. Con un po’ di pazienza, e usando i dati di un sito Istat (http://www.demo.istat.it/) possiamo capire qualcosa di più del nostro comune.

Al 1° gennaio del 2009 eravamo 7.344, 3.611 uomini e 3.733 donne. Gli stranieri erano 556, il 7,6% della popolazione; una percentuale nella media, quindi non eccessivamente elevata. Nella tabella 1 la popolazione è divisa per fascia d’età, usando un criterio che ci può permettere di fare qualche riflessione.

Pensieri e Parole: “Il nostro prossimo e anche il mio”

Riceviamo da Peppino Larghi e volentieri pubblichiamo.
Ebreo, ottobre 1943
Mio padre offrì ospitalità a una giovane famiglia di contadini (padre, madre e figlio di otto anni) che lavorava nella tenuta agricola Porro-Lambertenghi di Cassina Rizzardi (oggi sede del centro Socio Educativo).
La sera dividemmo con loro la cena, era una semplice zuppa. Dormirono con noi, in spazi ristretti. Io, il padre e il piccolo in un unico letto da una piazza e mezza.
Prima di coricarci, mio padre mi disse che al mattino doveva accompagnarli sulla strada verso Appiano Gentile, perché volevano raggiungere il confine svizzero.
Al mattino presto li accompagnai fuori paese e domandai loro perché fuggivano. Erano ebrei croati e quindi ricercati dal regime fascista.
Chiesi il loro nome prima di lasciarli, raccomandando anche di stare nei campi e non sulle strade, evitando così le pattuglie di controllo.
Mirko Stanic, mi rispose il padre e mi promise che sarebbero tornati per incontrarci. Non li ho più rivisti. Fui sgridato da mio padre perché avrei dovuto accompagnarli più avanti e il dubbio che ancora oggi mi assale è che non abbiano potuto raggiungere il confine svizzero.

Ma siamo proprio sicuri ?


Securitas, “L’avere cura di sé stessi”, è un termine che può ovviamente estendersi dall’originale significato, strettamente individuale, fino a comprendere tutto quello con cui l’individuo si voglia identificare, la famiglia, la patria o qualunque altro elemento aggregante, tanto reale quanto ideale. In ogni caso, qualcuno, o qualcosa, la cui cura ci stia a cuore. Non sorprende quindi che i più affermino la sicurezza come una esigenza prioritaria.
Tanto diffusa ne è l’esigenza, quanto confusa, purtroppo, la definizione che se ne tende a percepire, prima ancora che ad esternare.

A proposito dei crocefissi nelle aule scolastiche...

Risposta del Gruppo Insieme Tre Stelle al Consiglio Comunale del 26 novembre 2006 all’Ordine del Giorno presentato dal consigliere Tenca



Partiamo da una premessa: il crocefisso per i credenti rappresenta la testimonianza dell'amo-re di Dio per gli uomini, per tutti gli uomini. E’ un segno che chiede anche a noi di continuare nella testimonianza: amare il nostro prossimo come noi stessi. E Cristo usa una parabola per insegnare a un incerto chi è il prossimo. E' quella, che dovrebbe essere nota a tutti, del buon samaritano (l'unico viandante che soccorre la vittima). Tutto il nostro prossimo. Quindi non ci crea problemi il fatto che il crocefisso continui ad essere presente nelle aule delle nostre scuole.
Ci crea problemi, invece, quando viene usato strumentalmente. E allora veniamo subito alle affermazioni che intendono motivare e accompagnare l'ordine del giorno contenute nella relazione che è parte integrante dello stesso.

Le scelte possibili

All’inizio del 2009 nel comune di Cadorago si è costituita l’associazione “Scelte Possibili” da cui riceviamo una presentazione a cura del suo presidente, Luca Tornadù, che volentieri pubblichiamo in questo spazio dedicato proprio alla vita associativa sul nostro territorio.

L’associazionismo come strumento di crescita e di servizio

Lo strumento dell’associazionismo è da noi riconosciuto come uno dei migliori, se non il migliore in assoluto, per un cammino di crescita e di servizio all’interno di una comunità. Un’associazione consente di mettere in rete tra loro persone che vogliono condividere un cammino, avendo bene in mente degli obiettivi ideali e sperimentando strumenti che possano aiutare nel raggiungimento di questi obiettivi. Questa rete entra necessariamente in contatto con altre realtà del territorio, sia associazioni che privati, contribuendo alla creazione di relazioni e legami sempre più estesi e forti.

domenica 6 dicembre 2009

Così si crea la fame nel mondo

Per dare vita alla sezione EconoMia del nostro giornale e per arricchirla di contenuti, la redazione di “La Gallina Domani” ha deciso sia di riprendere scritti di personaggi noti sia di collaborare con alcune importanti realtà editoriali nell’ambito dell’economia sociale e la finanza etica, come la testata “Valori”, il mensile diretto da Andrea Di Stefano, presente anche con una versione online, dal quale nei prossimi numeri verranno ripresi articoli su temi di punta.
Nel mese di novembre si è tenuto a Roma il vertice FAO sulla fame del mondo e abbiamo quindi ritenuto significativo riprendere in questo numero di “La Gallina Domani” la sintesi di un articolo che il sociologo Luciano Gallino aveva pubblicato su “La Repubblica del 10 maggio 2008.



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Tempo fa l'allora presidente della Banca Mondiale, James Wolfensohn, ebbe a dire che quando la metà del mondo guarda in tv l'altra metà che muore di fame, la civiltà è giunta alla fine.
Ai nostri giorni la crisi alimentare che attanaglia decine di paesi potrebbe far salire il totale delle persone che muoiono di fame a oltre un miliardo. Con una precisazione: la nostra metà del mondo non si limita a guardare quel che succede. Si adopera per produrre materialmente lo scenario reale che poi la tv le presenta. Sebbene varie cause contingenti - i mutamenti climatici, la speculazione, cinesi e indiani che mangiano più carne, i milioni di ettari destinati non all' alimentazione bensì agli agrocarburanti, ecc. - l'abbiano in qualche misura aggravata, la fame nel mondo di oggi non è affatto un ciclo recessivo del circuito produzione alimentare-mercati-consumo.

Laicità e simboli religiosi


La prima impressione è stata di fastidio: credente e laico convinto, sostenitore senza riserve dell’aconfessionalità nei rapporti istituzionali, l’idea di dovermi confrontare in una vicenda che rischia di assumere i caratteri di uno scontro nel nome della religione mi metteva a disagio. Un disagio amplificato proprio dalla possibile strumentalizzazione che ne poteva sorgere: quello che oggi manca (che serve) in Italia non è certo il riaccendersi di un conflitto religioso e di una guerra ideologica.
La seconda impressione è stata di stupore: mi chiedevo cosa significasse togliere il crocefisso dai luoghi pubblici per non correre il rischio di turbare alla sua vista le sensibilità di eventuali frequentatori. Com’è possibile che di fronte alla più pacchiana e dimostrata scandalosa indifferenza ed ignoranza del fatto religioso (basti seguire le trasmissioni ed i quiz televisivi) si sottolinei addirittura la possibilità del coinvolgimento emotivo di fronte al simbolo di una religione? Ed il lettore sa dirmi se in quel tale edificio pubblico vi sia o non vi sia un crocefisso appeso al muro?

Gita a…Arcumeggia

Il nome di Arcumeggia, frazione di Casalzuigno, in provincia di Varese, deriva probabilmente da “Arx media” (rocca in mezzo a due valli, Valcuvia e Valtravaglia), e il borgo è noto per essere tra i primi paesi italiani ad avere affreschi di artisti famosi dipinti sui muri delle case.
Poichè Arcumeggia rappresenta una sorta di “gemellaggio ideale” con Cadorago - grazie alla nostra Murarte - abbiamo scelto questa destinazione come prima segnalazione di una “gita fuori porta”, che all’interesse paesaggistico unisce l’arricchimento culturale e artistico.
Sui muri delle case di Arcumeggia si trovano dipinti che portano le firme di artisti famosi, i quali cominciarono a operare a partire dal 1956, quando l'allora Ente Provinciale del Turismo di Varese, decise di far diventare Arcumeggia la sede della manifestazione Pittori in vacanza.