BIMESTRALE DI CULTURA E VITA SOCIALE

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lunedì 7 dicembre 2009

Si fa presto a dire “Democrazia”…

Se anche voi lettori, di fronte alla scelta tra un semi-presidenzialismo alla francese e un proporzionale all’italiana, andate oltre alla domanda “si, ma io la croce dove la devo mettere?” e vi chiedete se potrete mai sentirvi rappresentati da un sistema elettorale che non riuscite a capire fino in fondo, siete arrivati al punto in cui vi potrebbe interessare la proposta della democrazia diretta.
Ispirata al modello classico di democrazia greco (δημόυ-χράτοσ – governo del popolo), è tutt’altro che un modello di governo sepolto e dimenticato con le civiltà del passato. La Svizzera si governa con questo sistema fin dal XIII secolo, ma la Baviera, il Land più esteso e ricco della Federazione Tedesca, ha scelto la democrazia diretta nel 1995. E non parliamo di casi esemplari o isolati. Citiamo la California (de facto, l’ottava potenza industriale della terra), e altri ventidue degli Stati Uniti d’America, sebbene a livelli diversi, lo stato del British Columbia in Canada, la città di Perth in Australia. Oltre 500 città tra le maggiori nel mondo hanno introdotto ormai da anni il bilancio partecipativo, che coinvolge e responsabilizza direttamente i cittadini nella gestione della “cosa pubblica”. In Italia le esperienze sono sempre meno isolate e sempre più efficaci. Bolzano, Rovereto e Treviso, la Val Pusteria e la Regione Toscana alcuni tra gli esempi ormai più eclatanti.
I principi fondamentali su cui si basa la democrazia diretta sono cinque: 1) il principio della sovranità popolare (non vi è autorità più alta del popolo); 2) il principio di uguaglianza (tutti hanno diritto di partecipare, ciascuno con uguale potere decisionale); 3) la regola della maggioranza (la maggioranza dei votanti decide); 4) Il diritto di iniziativa (ciascun membro dell’assemblea ha diritto propositivo); 5) principio del mandato (chi non partecipa all’assemblea da mandato decisionale a chi presenzia). Quindi i cittadini si riuniscono in assemblea e, applicando i principi sopra esposti, decidono della cosa pubblica. Le regole sono poche, chiare, le decisioni rapide, la loro applicazione immediata ed efficace.
E qui sorge qualche domanda: ma non si rischia la paralisi amministrativa? Non si devono affrontare spese eccessive? Non è utopico pensare di cambiare un sistema imperniato sulla forza dei partiti e delle lobby economiche? Ma le risposte possono venire da alcuni fatti oggettivi, come, ad esempio, la sfiducia dei cittadini nei loro leader politici, il disimpegno e il disinteresse nei confronti di un sistema di governo sentito come distante e scollegato dalla propria quotidianità, sono questi alcuni degli elementi che denotano come la democrazia rappresentativa cominci a mostrare i suoi limiti.
Sconfitte e bocciate nei secoli le aberrazioni di ogni forma di totalitarismo, è giunta l’ora di pensare a un’evoluzione realmente partecipativa e responsabilizzante della migliore forma di governo mai inventata dall’uomo, un’evoluzione che, come spesso accade, può e deve nascere dalla rivisitazione delle proprie radici.

Per saperne di più sugli strumenti di democrazia partecipata, http://www.paolomichelotto.it/blog/

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